L’assetto organizzativo e l’assetto amministrativo e contabile adeguato per superare la crisi economica

L’assetto organizzativo e l’assetto amministrativo e contabile adeguato per superare la crisi economica

Per superare la crisi economica, ma anche per rilevarne tempestivamente i sintomi e assicurare quindi la continuità aziendale, è necessario, per l’imprenditore, istituire e mantenere un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

La capacità di prevedere la crisi, di attrezzarsi allo scopo e di individuare strumenti di soluzione stanno alla base del  Codice della crisi d’impresa; tale norma indica anche quali siano i segnali di crisi in modo tale da poter intervenire  in modo tempestivo. Il legislatore però, pur imponendoli, non definisce cosa siano gli assetti ma lascia all’imprenditore ampia libertà su come strutturare il proprio cruscotto di strumenti. 

Diviene quindi imprescindibile per l’imprenditore individuale (e per l’amministratore di società) essere consapevole dell’obbligo di possedere tali assetti e, nel caso di violazione, conoscerne le conseguenze.

Sono il Codice civile e il Codice della crisi d’impresa a porre a carico dell’imprenditore societario o collettivo (es. enti commerciali) nonché, con qualche sfumatura, anche dell’imprenditore individuale, un duplice obbligo:

  • di istituire un assetto organizzativo e un assetto amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale;
  • di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il conseguente recupero della continuità aziendale.

Perché ricorrere agli adeguati assetti

Alla base del Codice della crisi d’impresa (d.lgs. 14/2019) vi è la necessità di intercettare con la massima tempestività eventuali segnali di crisi.
Risulta chiaro che il soggetto maggiormente idoneo nonché interessato a tale monitoraggio è l’imprenditore. Questi ha, in potenza, la capacità di verificare l’andamento aziendale e conseguentemente di prevederne l’evoluzione nonché di intervenire prontamente nel caso di difficoltà.

La norma dispone che tali “assetti” (il termine usato in relazione all’imprenditore individuale è “misure” ma la sostanza non cambia) devono essere tali da consentire di:

  • rilevare eventuali squilibri da intendersi di carattere patrimoniale o economico-finanziario;
  • verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale su un orizzonte temporale di almeno dodici mesi successivi;
  • cogliere i segnali di crisi;

ricavare le informazioni per effettuare autodiagnosi nonché un particolare test pratico come definito con decreto dei ministeri competenti

Cos’è la crisi d’impresa

La crisi d’impresa può essere riassunta come lo stato dell’imprenditore che rende probabile l'incapacità di soddisfare regolarmente i propri debiti.
Questa situazione patologica si manifesta inoltre con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni in un arco temporale di dodici mesi.

Evidentemente l’ottica è verso il futuro: la crisi è quindi la probabile incapacità di fare fronte ai propri debiti (scaduti o che andranno a scadenza in un anno) con le giacenze di liquidità e con le entrate previste in tale periodo di tempo.

Ma il Codice della crisi non si limita a questa diagnosi, si cura infatti di definire alcuni possibili segnali per individuare la patologia.
Nella norma viene disposto infatti che costituiscano segnali di crisi (l’elenco è solo largamente indicativo):

  1. l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l'esistenza di esposizioni bancarie che siano scadute da più di sessanta giorni o che ci sia un fuori fido significativo (5% delle esposizioni) da oltre sessanta giorni;
  4. l'esistenza di esposizioni rilevanti nei confronti di Inps, Inail, Agenzia entrate, Agenzia entrate riscossione (i limiti sono indicati all’art. 25-novies, comma 1 d.lgs. 14/2019).

Chi definisce gli assetti organizzativo, amministrativo e contabile?

Il legislatore fortunatamente non definisce cosa siano gli assetti.

Di conseguenza è lasciato alla dottrina, alla pratica professionale e alle fondazioni di studio e ricerca (tra cui la Fondazione nazionale commercialisti) il compito di definirli.
Ai giudici è perciò assegnata la loro verifica ex post nella loro eventuale mancata adeguatezza qualora la crisi sfoci in una procedura concorsuale.

All’imprenditore compete interpretare tali indicazioni in relazione alle caratteristiche della propria impresa.

Come devono essere gli assetti

Il legislatore, non definendoli, si cura quindi di lasciare ampia libertà all’imprenditore.

Gli assetti, intendendo quindi l’assetto organizzativo, l’assetto amministrativo e quello contabile, devono essere adeguati rispetto alla natura di attività esercitata.
Risulta evidente che vi sono attività d’impresa ad alto rischio dove la capacità di reazione deve essere tempestiva e vi sono altre aziende che operano in mercati più tranquilli, tradizionali, consolidati dove il manifestarsi di una crisi non è fulmineo.

Nell’ambito della medesima attività vi sono modelli di business più rischiosi rispetto ad altri.
In questo caso, i primi dovranno dotarsi in modo più strutturato per fare fronte in modo efficace e sollecito alla maggiore rischiosità.

Anche le dimensioni dell’impresa incidono sugli strumenti da utilizzare: una società quotata si dovrà dotare di strumenti di valutazione dei rischi e organismi preposti quali l’internal audit. Questo tipo di assetti non sono né proponibili né utili, invece, per piccole società.

Perciò, tali strumenti devono essere da un lato proporzionati e ragionevoli, dall’altro devono risultare proficui. Ciò significa che a prescindere dalle dimensioni dell’impresa, devono consentire di individuare in tempo i segnali di crisi in modo da affrontarli adeguatamente.

Gli assetti sono quindi un aggravio per l’impresa?

Gli assetti, però, non sono strumenti nuovi calati dall’alto per superare la crisi economica.
Al contrario sono quegli strumenti che l’imprenditore utilizza (o quelli che dovrebbe utilizzare nel migliore degli scenari, cioè se questi fosse accorto) per la gestione informata e responsabile della propria impresa.

Da tale punto di vista non sono un aggravio ma sono esclusivamente strumenti utili per la responsabile gestione strategica e quotidiana.
In quanto tali, questi assetti devono anche essere in grado di pre-vedere l’approssimarsi di una situazione turbolenta.

L’assetto organizzativo

L’assetto organizzativo dell’impresa ha attinenza con le caratteristiche che ne definiscono l’architettura e le regole di funzionamento.

Le caratteristiche in questione devono essere in linea con lo scopo dell’impresa, lo stile di gestione e il mercato in cui opera.

I presupposti per la definizione degli assetti organizzativi sono due e si riferiscono:

  • in primo luogo, agli uomini e alle donne che ne fanno parte; intendendo per ciascuno di questi le capacità, conoscenze, caratteristiche emozionali e di leadership.
    La direzione avrà il compito di valutare ogni individuo con le caratteristiche che gli sono proprie, disegnare un percorso incentivante, prevedere percorsi formativi e verificare che i compiti assegnati siano in primis eseguiti ma soprattutto corrispondenti alle capacità della persona che ne ha ricevuto l’incarico;
  • altro elemento essenziale è la decisione riferita al grado di distribuzione tra controllo e delega.
    La maggior concentrazione dell’uno e dell'altro va a definire l’organigramma dell’impresa, questo potrà essere piramidale o più schiacciato.
    Nel secondo caso indicato i rapporti tra vertici e livelli inferiori saranno quindi meno intermediati e le deleghe conseguentemente più ampie e tipicamente definite per obiettivi.

Dai detti elementi discendono:

  • La definizione chiara di compiti e responsabilità degli incaricati.
    Tale insieme di decisioni viene riassunto nel funzionigramma. Quando elaborato con chiarezza, consente di avere certezza che le fasi dell’attività siano presidiate a tutti i livelli. In questo modo inoltre non vi saranno nelle procedure interne aziendali aree scoperte, scarichi di responsabilità o sovraccarichi di compiti in capo a soggetti non adeguati.
  • L’organigramma e il funzionigramma a loro volta potranno essere inseriti su una struttura a parte.
    Tale struttura può essere di tipo funzionale, divisionale, a matrice o ancora per progetto, ciò dipende dalle dimensioni e dagli obiettivi aziendali.
  • L’insieme delle direttive, delle procedure interne aziendali (se del caso connesse alle certificazioni di cui si è dotata l’impresa), dei mansionari, atte a garantire chiarezza di compiti e responsabilità.

Disegnata la mappa l’organizzazione ha necessità di un flusso continuo di linfa data da quattro fattori:

  • la comunicazione: deve procedere a tutti i livelli in relazione agli scopi strategici e agli obiettivi di breve termine;
  • i flussi informativi di dettaglio: devono consentire di far pervenire ad ogni livello la quantità di informazione utile;
  • i report da sistemi di controllo;
  • le analisi di scostamento tra obiettivi previsti e raggiunti.

L’eventuale modello organizzativo di cui al d.lgs. 231/2001 è un valido elemento che contribuisce a completare ma non sostituisce la definizione di assetto organizzativo.

L’assetto amministrativo

L’assetto amministrativo è sì interconnesso con quello organizzativo ma possiede caratteristiche proprie che prescindono dal primo.
Con assetto amministrativo si può definire l’insieme delle procedure e dei processi atti ad assicurare il corretto e ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi sulla base delle decisioni dell’imprenditore.

Perciò è evidente che tale assetto abbia stretta attinenza con il processo decisionale. In sostanza queste procedure aziendali interne si riferiscono ai meccanismi necessari perché la decisione assunta dall’imprenditore sia adeguatamente comunicata, attuata e verificata con conseguente ritorno dell’esito.

L’assetto amministrativo necessita quindi di strumenti diversi: di pianificazione, programmazione e controllo.
Per questa ragione sono da intendersi strumenti che contribuiscono all’assetto amministrativo:

  • il piano industriale: definisce su un arco tipicamente triennale le decisioni strategiche e le traspone in un piano economico, degli investimenti e nel piano finanziario conseguente;
  • i piani operativi e i budget annuali: riportano a loro volta gli obiettivi, le azioni e le conseguenti misurazioni di breve termine;
  • le attività di reporting: verificano la misura e la causa degli scostamenti.

L’assetto contabile

Con assetto contabile si intende un insieme di strumenti e procedure idonee a consentire una corretta, completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione.
In questa prospettiva, i sistemi contabili dovrebbero essere in grado di elaborare con adeguata tempestività sia i dati storici sia budget e previsioni che tengano conto della prospettiva economico-finanziaria dell’attività dell’impresa.

Perciò sono espressioni dell’assetto contabile:

  • i report periodici,
  • le analisi per indici,
  • gli indicatori di performance,
  • i bilanci infrannuali e annuali,
  • le previsioni economiche e finanziarie.

L’assetto amministrativo e contabile insieme devono inoltre consentire di dare una informativa adeguata e conforme ai principi contabili nell’ambito dei bilanci annuali e delle informazioni al pubblico.

Concentrando l’ottica sulla capacità di individuazione della crisi volte al ripristino della continuità aziendale, pare evidente che dal punto di vista contabile non potrà mancare un piano di tesoreria a dodici mesi.
Tale piano deve dare conto della capacità di far fronte ai debiti che andranno a scadenza nell’arco temporale a cui fanno riferimento.

Rientrano altresì nel sistema contabile tutte le procedure interne aziendali riguardanti la contabilità direzionale di cui la contabilità analitica è una branca.

A chi compete adottare e vigilare sulle procedure interne aziendali

Nelle imprese individuali è l’imprenditore che, pur con l’ausilio di collaboratori e consulenti, assomma su di sé tutte le responsabilità di azione e controllo.

Nelle società, invece, i compiti sono più diversificati. Per questo motivo, laddove sia presente un organo amministrativo con consiglieri delegati e un organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale) i compiti sono così suddivisi:

  • gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile siano adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa (art. 2381 c.c.);
  • il consiglio di amministrazione, sulla base delle informazioni ricevute dagli organi delegati, ne valuta l’adeguatezza e il generale andamento della gestione;
  • il collegio sindacale in ultimo (art. 2403 c.c.) vigila sull’adeguatezza degli assetti adottati dalla società e sul loro concreto funzionamento.

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